sabato 31 ottobre 2009

STREGHE

Godiamoci questo scampolo dell’estate di San Martino, fin che dura!, godiamoci questi meravigliosi colori che ci regala l’autunno, gialli, rossi, un’infinità di calde tonalità.
Questo l’ho fatto io un bel cappello da strega in cioccolato fondente, passata la festa lo mangi e zero rifiuti, mentre con le zucche, abbiamo tonnellate di zucche che finiranno nei rifiuti, gettate, buttate, sprecate.
Questo l’hanno fatto i cinghiali, bel lavoro e adesso che si fa?, si piantano le patate, no!, troppo presto, la stagione non è quella giusta! Pazienza, fa parte dell’ecosistema, bisogna sopportare.
Ora veniamo al titolo “streghe” chi sono?, le nonne, le mamme, custodi della sapienza popolare, dell’uso di radici, foglie, piante, intrugli, pozioni che servivano a curare i malanni dei poveri, quel sapere popolare millenario che si è andato a perdere, oggi non conosciamo più le erbe, non le raccogliamo, non le usiamo, una conoscenza che si è persa. Perdendola, abbiamo perso qualcosa tutti, un vero disastro.
Questo il pensiero per la notte dell’orrore!!!, si dell’inutile orrore cercato a tutti i costi!!!, un’inutile notte di finto orrore!!!

venerdì 30 ottobre 2009

PENSIERI CHE VANNO, PENSIERI CHE VENGONO

Della serie il post che non ti aspetti, non soffro di prestazioni su quello che devo scrivere, perciò oggi facciamo una domanda amletica come tanto piace a Equipaje.
Radio, televisione, giornali tutti a parlare di trans, non che io abbia pregiudizi, ma non se ne può proprio più. Poi questo solo su televisione e giornali tutte queste donne rifatte, siliconate, che sembrano fatte con lo stampino, neanche avessero tutte lo stesso padre, basta non se ne può più.
Ma dico io la gnocca quella nostrale (e non me ne abbiano i trans)genuina, tette piccolemediegrossenonrifatte, la Gnocca con la G maiuscola, che quando la baci ha due labbra e non due canotti, quella che vanno bene anche sti piccoli difetti che fanno molto biodiversità, ma dico io, non va più di moda?
Ora solo trans e roba rifatta, io rivoglio la biodiversità, dobbiamo cercare di salvarla questa biodiversità, altrimenti quà va a finire male, si rischia l'estinzione.
Però quà si è solo presi dal salvare le biodiversità animali e vegetali, e poi pippe se mi scompare la gnocca, mica la possiamo sostituire con tutte queste materie plastiche che inquinano :)

giovedì 29 ottobre 2009

STUPEFACENTE

Guardo fuori della finestra, la luce va scomparendo, ormai è notte, mi sposto e vado a prendere una bottiglia, prendo il cavatappi, guardo l’etichetta, un rosso, 13 gradi, vino da meditazione, stupefacente.
Stappo la bottiglia, provo ad annusare il tappo, merda, non fanno più i tappi di una volta, tappo di plastica, che cazzo annuso, niente.
So per certo che la mia bottiglia contiene 5 bicchieri, ne verso uno, lo assaporo tutto, stupefacente, trovo una mescolanza di profumi e di sapori e mi lascio andare nei miei pensieri.
Vivo in un paese dove 3 sono le cose che hanno un rapporto di densità rispetto agli abitanti impressionante: le chiese, i bar e le banche.
Con le chiese non vi angoscerò, sono veramente troppe, per quanto riguarda i bar idem, quando uno qua non sa che cazzo fare, apre un bar, è sempre stato un paese strano, tanto che Castruccio di Castracani fece costruire una porta che divideva in due la città (così dicono i libri di storia, ma era e rimane un paese, una città è un’altra cosa) da una parte i Guelfi e dall’altra i Ghibellini, la porta aperta di giorno veniva chiusa di notte per impedire che si scannassero fra di loro, troppi i morti che si verificavano di notte.
E ora veniamo alle banche, ne abbiamo una ogni 750 abitanti circa compresi neonati e anziani con un piede dentro la fossa, non essendoci industria, a cosa serviranno così tante banche, boh…!
Mi verso un altro bicchiere di vino, lo butto giù così, scende nella gola che è un piacere, stupefacente.
Oltre alle tre sopra nominate, qua si consuma tanta, ma tanta coca, sarà la noia, sarà quel che sarà, ma è così che va il mondo, tanta gente tutta perbenino, eccola qua, trallala, trallala.
Se è buono questo vino, ne verso un altro bicchiere, mi aiuta a distendermi e pensare, stupefacente.
E allora penso, è stupefacente pensare, magari un nuovo orto, stupefacente, si un’orto stupefacente,
si con delle belle piante di maria, con dei bei papaveri doppi, che son sicuro crescono bene, ricordo che fra gli anni 70 e 80 sull’altopiano di Asiago hanno fatto un paio di sequestri di questi bei fiorellini, ma non a dei fricchettoni, no, a degli arzilli vecchietti che usavano i semi per metterli nel pane in perfetto stile tirolese. Si e poi una bella serra con le piante di coca e una in stile messicano per il peiote tanto caro a Castaneda, che bell’orto, stupefacente, poi con la mia conoscenza della chimica si fa il resto.
Un orto a Km 0, dove i clienti fanno la fila per ritirare la spesa, W la filiera corta, non spendi in pubblicità, ci pensa il cliente, non hai rimanenze, non hai scarto, per un’orto così ti arrivano i clienti anche da Milano, e poi, mi verso un altro bicchiere non si sa mai, si arrivano anche da Bologna e da Roma, si ma poi ti arriva pure la GdF e i CC, e allora come fare a spiegare che esistono le leggi che altro non sono che dei limiti e i limiti sono fatti per essere infranti, mi spiego meglio, colui che fa salto in alto e a il limite a sei metri cerca sempre si superarlo, mica salta più in basso.
Oddio, cazzo suonano il campanello, vuoi vedere che è la GdF che mi sequestra l’orto stupefacente appena pensato, ………………., no!, per fortuna è un mio amico, tiro un sospiro di sollievo, mi verso l’ultimo bicchiere di vino, tanto lui è astemio, lo guardo mentre bevo e lui nel frattempo si rolla una canna, e che cazzo, io non fumo, è meglio che apri la finestra.
La bottiglia è vuota, il vino ora fa il suo dovere e io medito chiudendo gli occhi e mi distendo nel divano.
Stupefacente.

mercoledì 28 ottobre 2009

ALIENI, NO,……..,GLOBALI

Stimolato ma al tempo stesso leggermente confuso da tutte queste discussioni su ailanto e piante aliene ho provato a ripercorrere la problematica partendo da un’altra angolazione, da un altro punto di vista, devo ringraziare gli spunti di Nicola con il suo ortodicarta, un ragazzo staordinario che spero un giorno di conoscere con un blog che è più un frullatore di idee, dove i commenti a volte sono delle vaccate ma a volte ti lasciano senza respiro in un crescendo continuo, ma più di tutti è lui Nicola con quegli spunti che mi fanno riflettere, punti di vista che stridono con quelli di altri naviganti del web, altro ringraziamento devo fare alla brava equipaje per la notevole discussione creata sul tema degli alieni (piante o bestie che siano), con i suoi post che non ti aspetti e compaiono là, ti incitano alla discussione e insinuano dubbi amletici a volte difficili da smatassare, un grazie a lei anche per aver dato risalto al libro di Marco Di Domenico, ottimo spunto di riflessione, e per ultimo un grazie ad Andrea che con il suo punto di vista sempre rivolto al passato quasi a non volersene liberare, un salvare il mondo antico a tutti i costi, che ricorda molto il mondo di mio nonno, un mondo ormai perduto, questo essere con un piede nel passato e uno nel presente, mi ha permesso di elaborare una mia visione forse più completa ma non esauriente sul problema di piante e animali alieni.
La discussione mi aveva fatto riflettere molto, poi guardo l’ailanto e qua dalle mie parti ritrovo piante di notevoli dimensioni o boschetti giovani, sempre e solo su terreni marginali, li tagli e ricrescono più fitti di prima,e allora riguardo il web le idee erano e sono contrastanti da chi vuole bombardarlo, eliminarlo in tutti i modi, questo alianto a chi gli dava o vuole dargli una via d’uscita, allora ho pensato di guardare indietro ma di un bel po’, e di analizzare la zone in cui attualmente vivo, la Lunigiana, un piccolo lembo di terra, una regione se vogliamo, che si estende dal mare agli appennini che arrivano a 1800 metri il tutto con ambienti molto diversi fra loro ma al tempo stesso molto vicini fra loro.
Spero che quanto dirò, o meglio la conclusione a cui voglio arrivare non scateni discussioni o polemiche a non finire odio avere commenti impegnativi a cui rispondere, :) no scherzo, solo che ho pensato cose forse scomode da digerire.
Primo pensiero che non centra nulla ma serve per arrivare alla questione, analizziamo il dodo, animale scomparso tempo addietro ad opera dei conquistadores portoghesi, la sua fine fu veloce circa 70/80 anni, oggi io sinceramente non ne sento la mancanza, per dirla fuori dai denti non mi importa niente se è scomparso, non mi interessa nemmeno la scomparsa dei dinosauri o dei mammut, chi è scomparso sono fatti suoi e non miei, il secondo pensiero lo tengo per la fine e qua parto con il mio ragionamento:
La lunigiana il cui confine settentrionale corre su un tratto di crinale appenninico compreso tra il passo due Santi e il passo del Cerreto essenzialmente formato da macigno dell’Oligocene, non presenta vette svettanti come la parte a sud con i profili frastagliati delle Apuane, ma monti massicci con scarsa differenza di quota fra passi e vette, dall’appennino scendono profonde valli scavate dall’azione millenaria delle acque di superficie. La vegetazione è ben distinguibile con fasce compatte che si susseguono sui versanti.
Abbiamo il cerreto-carpineto che si estende dai 500 metri e arriva ai 1100 metri d’altitudine con la presenza del carpino bianco, il tutto favorito dalla natura del terreno che deriva da macigno.
Vicino ai paesi abbiamo il castagneto che si estende dai 10 metri ai 1000 metri d’altitudine, in quelle zone dove l’acidità del suolo ne permetteva l’impianto, è la formazione boschiva più estesa che si è sostituita alla vegetazione originaria. Fino all’ultima guerra mondiale tutti i castagneti della zona erano costituiti da piante da frutto con alberi secolari innestati e questa cultura reggeva parte dell’economia lunigianese. I castagneti spesso impiantati audacemente in ambienti non adatti, sono stati aiutati con molte cure: potature, puliture del sottobosco, e talvolta anche con concimazioni. Quando queste cure sono venute a mancare, per le mutate condizioni sociali ed economiche, il castagneto è scomparso soprattuto dagli ambienti più sfavorevoli, e si può osservare il reinsediamento della vegetazione naturale. Molti sono stati distrutti dal cancro corticale, altri trasformati in ceduo proprio per far fronte alla virulenza del patogeno.
Il sottobosco del castagneto è composto da Calluna vulgaris, Genista pilosa, Pteridium aquilinum; piante eliofile presenti anche nel cerreto-carpineto.
La faggeta occupa la parte superiore fino ai 1700 metri, rare le fustaie, più diffuso il ceduo, che conserva nel sottobosco solo qualche pianta caratteristica: Prenanthes purpurea, Cardamine bulbifera, Geranium nodosum. Al di sopra della faggeta doveva estendersi in tempi remoti la pecceta, con abete rosso (Picea abies), ma il cambiamento del clima ne ha determinato la scomparsa, tranne tre relitti che ho scoperto alcuni anni fa. Per relitto intendo piante che hanno avuto una maggiore estensione nel passato. Il sottobosco però è rimasto a formare la brughiera a mirtilli, la specie dominante è il Vaccinium uliginosum, accompagnato da Empetrum nigrum, Vaccinium myrtillus, vaccinium vitis-idaea, Rosa pendulina, Alchemilla alpina, Geum montanum, Euphrasia alpina. La flora del tratto appenninico presenta pochi endemismi, ma conserva numerosi relitti di diversa provenienza. Tra le endemiche ricordiamo la Primula apennina che vegeta nelle fessure di macigno preferibilmente a nord a quote superiori ai 1500 metri, e la Globularia incanescens che arriva fino alle Alpi Apuane. Di notevole interesse è la presenza come relitto del Rhododendron ferrugineum presente nella brughiera a mirtilli, le stazioni relitte sono costituite da pochi esemplari, ma vigorose e con fioriture vistose. Sui detriti di falda del monte Malpasso e sotto il lago Verde troviamo il Geranium macrorrhizum, giunto dalla penisola balcanica risalendo l’appennino. Altre piante interessanti sono Salix herbacea, Rosa glutinosa, Rosa serafinii. Per quanto riguarda la flora possiamo individuare diverse vie di migrazione, alcune arrivate dall’arco alpino spinte dalle glaciazioni, altre dalla penisola iberica e altre ancora dall’oriente, e non mancano le mediterranee montane.
E ora un riferimento alla fauna passata. I ritrovamenti nella Grotta dei Colombi, sull’isola Palmaria, di faune di climi freddi, quali resti fossili di tetraonidi, lepre variabile, civetta delle nevi, ci confermano le caratteristiche di clima freddo accompagnato da uno sviluppo di foreste di conifere confermato dal ritrovamento di pollini fossili di molte specie di aghifoglie nelle torbiere appenniniche.
Ma se consideriamo i ritrovamenti di rinoceronti, tapiri ed elefanti nelle argille plioceniche di Pontremoli ed Aulla, allora possiamo renderci meglio conto di quali cambiamenti siano avvenuti a cavallo fra Terziario e Quaternario.
Questi cambiamenti climatici, se da un lato hanno prodotto un forte turnover di specie, con estinzioni e colonizzazioni, dall’altro hanno permesso la formazione di ecotipi e la sopravvivenza di popolazioni relitti in aree particolarmente adatte.
Ma se la ricostruzione faunistica e floreale del passato è ardua, legata com’è al ritrovamento casuale di pochi resti fossili in siti particolari, come torbiere e depositi d’argilla, ciò nonostante è utile per fare considerazioni di ordine evolutivo. Cioè che la flora e la fauna, come ogni elemento del nostro pianeta, non è fissa e immutabile, ma ciascun elemento si evolve e si modifica con propria scala spazio-temporale intrinseca, e in mezzo vi è anche l’uomo che contribuisce a questi cambiamenti. Dopo questa dotta e colta presentazione andiamo al secondo pensiero, l’orso bianco rischia di scomparire, se scompare pazienza, ne faremo a meno, la vita prosegue e va oltre, e come quando scompare una persona cara, un parente un amico, stai male, e sembra un vuoto incolmabile, la vita continua e anche se tra i 6 miliardi di persone che ci sono attualmente non c’è nessuno che lo sostituisce si continua ad andare avanti, la scomparsa dell’orso bianco o della tigre siberiana ricordano un po’ questo tipo di trauma, dovuto al fatto che non potremo più vederli, ma quanti di noi hanno realmente potuto godere della loro presenza in natura, pochi troppo pochi, la loro presenza l’abbiamo vista solo nei reportage televisivi confezionati ad hoc per un popolo di animalisti teledipendenti, ma a tu per tu non ci siamo mai trovati, lo stesso potrei dire con tanti altri animali al massimo visti allo zoo a al park safari, mai un’incontro a tu per tu nel loro ambiente, tutto questo pensare di salvare il mondo il pianeta di fare il bene dell’umanità a venire e del mondo mi sa molto di archetipo cristiano della visione del bene e del male, ma vaffanculo il bene, quale cazzo di bene per l’umanità, forse è la paura ancestrale che ci porta a questo tipo di pensieri, si cerca di evolversi in quell’attimo di tempo che viviamo e che contiamo in anni ma che non è nulla in confronto alla vita della terra o dell’universo, la nostra vita rispetto alla vita dell’universo è un’inezia.
Per finire Andrea dice e ci rammenta del gambero rosso della California che ha infettato le nostre acque, è vero, che dire: una volta andavo a pescare tra Verona e Rovigo e cosa trovavo, lucci, tinche e carpe, ora non più, neanche a pagarle in pescheria, bei tempi andati, piatti di pesci ormai perduti e allora sono tre anni che si va a pescare negli stessi posti e al posto dei rotanti, dei cucchiaini e del mais cosa mi posto? Delle ancorette con del gran fegato di maiale e li a prendere secchi di questi maledetti gamberi e poi a casa a pulirli e mangiali, cos’è cambiato, che il gambero e diventato lui ,la preda da pescare ed è anche buono da mangiare, forse potrebbe diventare il nuovo piatto dei poveri, che ne so, si cambia e ci si evolve cambiando abitudini e comportamenti, ricordo che in provincia di Vicenza una volta il baccalà era il piatto dei poveri, ora è diventato un piatto da ricchi con quel che costa.
Guardando la descrizione del succedersi del tempo in Lunigiana tutto è cambiato fra glaciazioni e disgeli, è cambiata la flora e cambiata la fauna, si sono rimasti dei fragili sistemi nicchie dei relitti che scompariranno, pazienza è l’evolversi del tempo. Forse la nostra paura più grande è la scomparsa degli uomini che camminano sul pianeta terra e magari resteranno solo delle nicchie o dei relitti in qualche parte del pianeta, ma la terra non scomparirà, cambierà, si evolverà, come e successo nei millenni trascorsi.
Andava bene riempire le valli di castagni, ma non si vuole l’ailanto, come dire va bene l’uomo bianco ma non voglio il nero, questo è essere razzisti, sia che si parli di persone o di piante, idem per gli animali.
Quel’inezia di tempo che viviamo che risulta essere impercettibile nella storia del mondo mi porta a pensare tutto questo.
Quanto scritto è il risultato di pensieri aggiunti in più momenti non ho voluto ne correggere ne cercare di renderli più uniformi, li ho lasciati così come sono venuti, testimonianza un po’ scarna e carente in certi punti, ma non volevo scrivere un libro, perciò perdonate le carenze.

domenica 4 ottobre 2009

TO DAY…(ovvero oggi, il presente)

A seguito dei precedenti post definiti pessimisti, forse cercano di essere realisti considerato che in Italia solo se in questo momento si va a puttane si riesce a essere ottimisti, o forse quel lieve senso di pessimismo è dato dal periodo, ricordo quel tale di nome Picasso che passò un periodo rosa e uno blu, ecco forse è proprio qua la risposta nel periodo, guardando l’orto vedo quei bei fiori blu dei carciofi e penso alla pubblicità “contro il logorio della vita moderna basta un ……., carciofo, se poi te lo infili su per il c--o scopri che ha le spine e a quel punto non pensi più al logorio della vita moderna. I gesti che noi facciamo oggi se li ritroveranno i nostri figli e i nostri nipoti tra molti anni, vedasi il caso di quel tale che abitando alla casa bianca si faceva fare i pompini e non prestava attenzione a quello che buttava sul prato di casa, poi passo uno che era interessato solo alla guerra e del prato di casa non gli interessava molto, ma dopo molto tempo arrivò una donna tutta abbronzata o che dir si voglia che penso di piantare un bel orto nel prato di casa e si scopri che quello dei pompini aveva reso il prato incoltivabile dal punto di vista mangereccio, ma tanto a noi che ci frega tanto mica dobbiamo coltivare le verdure sul prato della casa bianca e nemmeno mai andremo ad abitare in quel posto là.
Cambiando argomento ho notato ultimamente un certo interesse sulla discussione delle piante aliene, in particolare sull’ailanto e sempre oggi camminavo sovrapensiero pensando ai cazzi miei con la macchina fotografica fra le mani, quando mi sono imbattuto in una pianta di tagete e una di prezzemolo, ma cosa fanno in questo posto in mezzo a sassi e cemento non è il loro posto, nessuno li ha seminati e gli ha chiesto di crescere in quel maledetto posto, come avranno fatto, nessuno che le innaffiasse queste povere piante, nessuno che le curasse e loro sono cresciute la una specie di seme anarcoisurrezionalista, le ho fotografate e mi son chiesto?, ma non saranno mica aliene anche queste?, perché se così fosse visto che sono cresciute dove non dovevano chissà che non infestino il pianeta, si tutto tranne il mio giardino di 10 metri per 10 metri dove il famigerato tagete o conosciuto anche con il nome di garofano indiano non è riuscito ad attecchire, chissà quelli che abitavano la casa e usavano il giardino prima di me che cosa hanno combinato nel giardino, o magari i bombardieri americanirussicinesiindianiiraniani lo hanno bombardato con tutte le schifezze possibili e non riesco a farci crescere nulla o forse è colpa dei pini, ma chi se ne frega, intanto lo usano loro!
Passando ad argomento più serio per onor di cronaca ho fotografato l’orto lasagna era un po’ che non ne parlavo, ma gode di ottima salute,…., si lo so ……. c’è qualche buchino sulle foglie ma come ben sapete io non uso nessun tipo di protezione o trattamento ne chimico ne naturale, perché se le usassi sarebbe più semplice andare dal verduraio che tanto trovi sia le verdure BIO che quelle tradizionali (chimiche) e fai molta meno fatica, qua sull’orto lasagna penso che dovrò solo aspettare.
L’orto diversamente abile l’ho dovuto innaffiare e comincia a presentare i segni del declino della stagione, ultimi pomodori che a fatica stentano a maturare, sono rimasti solo dei porri, del sedano invernale e delle bietole che continuo a raccogliere, ma il suo destino è ormai segnato.
In un muro vicino a dei rovi ho scoperto questo, incredibile e ho pensato a Nicola e al suo ultimo post sull’orto permanente, qua però mi sa che siamo in piena anarchia cavoli che nascono dove gli pare, prezzemolo vedi sopra idem, qua regna e impera l’anarchia, le verdure sono uscite dagli schemi e fanno quello che gli pare, sono scappate dagli orti a radici levate, aiuto si salvi chi può, se continua così non avrò più bisogno ne di seminare ne di coltivare e tornerò a fare quello che l’uomo faceva agli inizi ovvero il raccoglitore e poi sai quanto tempo libero.
Altro argomento, le api ormai era veramente da tantissimo tempo che non effettuavo una visita come si deve all’apiario, la giornata come si vede non era delle migliori, un po’ di vento, qualche nuvola, ma chi se ne frega.
Visita alle arnie più che soddisfacente, le foto mi devo accontentare, con una mano la macchina fotografica, con l’altra il favo, covata magnifica su tutte e tre le casette, api in ottima salute, qua tutto bene, api tranquille, credo che si inverneranno bene viste le premesse, anche le scorte non sono male.

E per finire un tocco di neorealismo o futurrealismo, anche la natura fa quello che può, si adatta, scombinata dagli eventi, povera lumaca su un bidone arrugginito, ma forse è l’inizio dell’invasione sulla società industriale.
E il trascorrere del tempo lo vediamo in questa emblematica foto, un forno morto da tanto tempo, troppo tempo che fa sicuramente invidia a qualcuno che lo userebbe volentieri, portandolo a vita nuova e sfornando del buono e profumato pane fragrante fatto con la pasta madre.
Spero di non essere stato troppo noioso o lungo ma questo post mi è venuto così, era la giornata di sabato 4 ottobre trascorsa con la macchina fotografica fra le mani, un’ultima foto scattata giovedì primo ottobre emblema del vecchi e del nuovo, o meglio di ieri e di oggi, o di quel che volete i cavalli nel motore e le mucche nella strada.

venerdì 2 ottobre 2009

ORTI DI CRISI

Prendo spunto dal mio ultimo post che mi sembrava terminato in maniera spiccia, senza dare una mia visione della crisi, ma veniamo al titolo del post “orti di crisi” che ricordano vagamente quelli di guerra anche se con dei distinguo, ho voluto coniare questa nuova espressione in quanto credo saranno forse l’unica possibilità di sopravvivenza per molti, non importa se gestiti in modo sinergico, naturale, lasagna, il modo di gestione passerà in secondo piano e rimarranno solo e nient’altro che orti di crisi che potranno dare da sfamare a molti.
Ma tornando alla crisi e cercando di capire un pò meglio la situazione, quando parlavo dei piccoli paesi e delle piccole comunità come unico sbocco della crisi che ci aspetta, intendo una crisi che arriverà un pò alla volta alla spicciolata che sarà per molti ma non per tutti, quando inizia la crisi?, semplice quando perdi il lavoro, oggi la disoccupazione in Europa è al 9,6% un dato molto preoccupante, quando perdi la casa in quanto non riesci a pagare il mutuo, ecco questi già sono due momenti in cui la gente entra nella crisi, vi entra alla spicciolata, non possiede più il tenore di vita di prima, poi vi è un secondo indicatore il picco del petrolio che è entrato nella fase di declino, non illudiamoci, non sarà una cosa improvvisa, sara un lento scivolare con aumento dei prezzi a catena, continuo, tutto questo porterà la gente a perdere il tenore di vita attuale, sarà scivolare nella povertà, gli alimenti costeranno cari, l’energia costerà cara, le risorse del mondo finiranno in mano a pochi, e gli altri entreranno nella povertà, e dove c’è povertà là avremo anche il maggior numero di vite che andranno perse per denutrizione, con la denutrizione, si è più esposti alle malattie e considerando che le epidemie e pestilenze nel mondo sono continuamente andate e venute in un alternarsi ciclico, porterà a una diminuzione del genere unano sopratutto tra i più deboli.
In questa sintesi ristretta stà il concetto di orti di crisi visti come unico spiraglio di sopravvivenza, siano anche orti da balcone, potrebbero essere una delle poche fonti di cibo per molta gente.