mercoledì 25 maggio 2011

D'api, fiori e fatti miei.

 Il fine settimana appena trascorso, (si sono in ritardo, ne stà arrivando un'altro, ma chi se ne importa, non devo vendervi nulla e perciò va bene così), dicevo è stato intenso, vi potrei raccontare delle api, di questo sciame su un muro della casa, ma rischierei di annoiare e sciupare questo post che non ha bisogno di grandi discorsi, le api le rimando, farò un aggiornamento a breve.
 Di fiori parlano i colori che ho potuto ammirare, la ginestra
 e il maggiociondolo che con il loro giallo sembrano pennellate di colore su una tavolozza di pittore.
 Poi ci sono le rose, maggio è il mese delle rose, sopra la rosa canina
 una rosa antica dagli innumerevoli petali e dal profumo intenso, penetrante, persistente
 altra rosa antica, con corolla semplice e un delicato profumo
 ma ci sono anche rose moderne a infuocare questi borghi.
 Questi fiori mi ricordano quando ero bambino, li raccoglievo per metterli tra due fogli di carta assorbente e inserirli dantro ai libri, quando veniva l'inverno li toglievo dalla loro custodia per rimirarli e ricordare la bella stagione
 per me sono fiori nostalgici
 tutti così diversi
 mi perdo ad ammirarli
 e sogno a occhi aperti
 tanti colori
 nessuno uguale.
 La bocca di leone è un altro fiore che mi ha sempre affascinato
 compare nei posti più impensabili per allietarci.
 Ma ci sono anche i fiori umili, semplici, quelli di campo che sembrano non avere un nome, che sembrano perdersi in mezzo agli altri fiori.
 E' la stagione anche degli iris.
 Poi ci sono i fatti miei, e tra i fatti miei ci sono questi piselli antichi che un vecchi di novant'anni custodisce gelosamente e mi ha promesso di darmi la semenza.
 Poi, si poi ci sono le acacie, che ormai dappertutto sono un ricordo, ma quà sono in completa fioritura
 un particolare dei fiori e ora una ricetta, potete considerarla in ritardo ormai, ma io preferisco dirvi che ve la segnala in anticipo, si in anticipo di un'anno, così avrete tutto il tempo per prepararvi a farla
 FIORI D'ACACIA IN TEMPURA
Bisogna cogliere i fiori al mattino presto in quanto sono più ricchi di nettare, (coglierli lontano dalle strade) a parte ho preparato una pastella di acqua e farina
 si immergono i fiori nella pastella
 e poi si friggono nell'oglio bollente, io per non farmi mancare niente mi sono fritto anche delle foglie di salvia
 la cottura è veloce, poi vanno tolti e messi sopra un foglio assorbente, sopra li ho spolverati con dello zucchero semolato. Sono una prelibatezza (cucina povera a metri zero), la salvia invece l'ho passata con un pizzicico di sale, così mi sono gustato il dolce a fine pasto e il salato come antipasto.
 Sempre di fatti miei, dopo aver mangiato il fritto, che dicono sia pesante ho fatto due passi per digerire, non ho che l'imbarazzo della scelta, sono entrato nel bosco e dopo un pò ho attraversato questo antico ponte costruito nell'800 da Maria Luigia, ma questa è storia abbastanza recente,
 andando oltre mi intrigavano questi castagni, sembravano dei barbalberi la a confabulare
 bizzarri, sembrano morti, ma sono solo morti a metà, ovvero la parte sotto è viva e vegeta, mentre la parte alta è morta stecchita.
Alla fine sono arrivato a questa antica fonte in mezzo al bosco, è una fonte solforosa, si può sentirne l'odore già a trecento metri di distanza, l'acqua è fredda.
Io come nella migliore delle pubblicità, mi sono fermato, mi sono lavato il viso e le braccia a lungo per lenire la calura e poi ne ho bevuti un paio di bicchieri, appunto la pubblicità, volevo essere pulito dentro e bello fuori, alla fine mi è rimasto un intenso odore di zolfo su braccia e viso, il gusto è un pò strano ma si beve.
La cattiva notizia è che c'è il rischio che quest'acqua, come tutta l'acqua finisca nelle mani di pochi, impara a difendere l'acqua, per il momento ricordati di andare a votare a giugno, e questo è già un passo in avanti.

domenica 15 maggio 2011

Ricco e fortunato

Parto presto, il sole e sorto da poco,
prendo il bardone, un bastone d’altri tempi usato dai pellegrini come appoggio e per scacciare i cani aggressivi, so che a me non servirà, ma lo prendo lo stesso, servirà a scacciare i pensieri tristi e tenerli lontani.
Un breve tratto sul nastro asfaltato, poi svolto sullo sterrato che corre ampio,
la vista è magnifica, l’occhio si perde nella valle ma può scorrere anche su fino alle vette,
un cinguettio insistente d’uccelli mi tiene compagnia.
Guardando verso valle vedo ampi boschetti d’acacia che fanno salire su il loro inebriante profumo che pervade, ai lati dello sterrato alcuni prati pullulano di fiori, gialli bianchi rosa violetti azzurri,
riempiono i miei occhi.
Quà e là nel cielo ci sono delle innocue nubi bianche, l’assenza di vento accompagna i miei passi.

 Ora svolto su un sentiero che stretto comincia a salire e piano piano il paesaggio muta,
prima un intricato boschetto di rosa canina con qualche timido fiore dal color rosa tenue virante al bianco pallido che funge da contorno,
ora il bosco è un’insieme di varie piante dalle più disparate tonalità di verde, alcune sono fiorite e posso notare almeno quattro tonalità di bianco paglierino.
Il sentiero inerpicandosi diventa più sassoso e mi fa comodo appoggiarmi sul bastone,
ora prende a scendere verso una valletta e a mano a mano che mi avvicino comincio a sentire il sordo rumore dell’acqua che scorre.
Attraverso questo rio largo poco più di un passo e profondo due spanne ma impetuoso nel suo scorrere scosceso.
Riprendo a salire e arrivo a un castagneto secolare preda delle incurie di oggi e del logorio del tempo, alcune piante appaiono spetrali colpite dai raggi di un sole ancora abbastanza basso all’orizzonte.


Numerosi muri a secco sostengono queste piante che furono pane per gente d’altri tempi,
mi scuoto,
batto il bastone,
scaccio i pensieri e avanzo,
poco oltre prima di un pianoro alcune polle d’acqua sorgiva,
mi chino su una e con le mani smuovo il limo, le foglie e i sedimenti che ci sono davanti all’acqua che sgorga, l’acqua si fa subito torbida,
ma in un istante la piccola pozza grande poco più di una tazza torna limpida e cristallina e sul fondo brillano piccoli sassi bianchi e bruni.
Come un animale butto la mia faccia dentro l’acqua e bevo,
è fredda,
la sento scendere nei visceri,
bevo come fecero uomini d’altri tempi,
poi penso che sono fortunato, che pochi, ma veramente pochissimi possono permettersi quello che sto facendo io in questo momento, bere l’acqua che sgorga direttamente dalla terra, questo gesto fa di me un uomo ricco, poter godere di quest’acqua senza bisogno di possederla bene raro e prezioso.
Riprendo il cammino e giungo alla mia metà,
un pianoro ormai in buona parte invaso dal bosco, questo luogo ha un nome “piana dei pastori”,
qua gente d’altri tempi veniva con le pecore durante l’estate,
mi raccontarono alcuni vecchi ormai morti da tempo che quando loro erano giovani venivano fin quassù a fare il fieno per le mucche ed era un fieno ambito, perché le mucche davano un latte particolarmente saporito e si facevano dei formaggi che non avevano pari.
Mi siedo nei pressi di un rudere irriconiscibile, un tempo andato ricovero dei pastori, che da tanto, troppo tempo non vede più passare pastori di qua,
poi vennero quei vecchi a fare il fieno, ma anche loro è da tanto, troppo tempo che non si vedono più da queste parti, ora il bosco si sta riappropriandosi di ciò che un tempo era suo e che con tanta fatica e sudore gli era stato sottratto.
Sono solo sperso sull'appennino, ma ormai è ora che riprendo la via del ritorno per non essere più solo e tornare in mezzo ai miei simili, gli uomini, quegli uomini che l'acqua la conoscono solo in bottiglia di plastica oppure quella che esce puzzolente di cloro dai rubinetti di casa, questi miei simili mi fanno tristezza, stanno rischiando di perdere questo bene prezioso privatizzandolo e se passa, l'acqua finirà quasi sicuramente in mani francesi come la maggior parte delle nostre aziende italiane, siamo un popolo di sfigati fessi noi italiani, ma come dice il proverbio "ogni popolo ha il governo che si merita".
A giugno non andare al mare, vai a votare!