domenica 14 febbraio 2010

ORTO, UN PASSO INDIETRO, DUE IN AVANTI

Come nel gioco dell’oca, anche nell’orto bisogna secondo me fare un passo indietro per riuscire a farne due avanti, ma andiamo per ordine, questo è stato un periodo lontano dal web, lontano dal pensare a cosa scrivere (non che il materiale o i pensieri mancassero) ma soprattutto lontano dal leggere i vari blog, una specie di disintossicazione, un momento per pensare, per pensare e basta.
Il mio pensare è andato oltre il solito modo di vedere le cose, ovvero il tipo di orto da fare, mi sono soffermato sul concetto di indipendenza che ritengo di maggiore importanza anche rispetto a tutti quei discorsi che riguardano l’autosufficenza.
Quasi mai si sente parlare di indipendenza nell’orto e quando se ne parla è fatto con molta retorica (tipo bisogna auto prodursi i semi, conservare le vecchie specie), l’indipendenza è di per se una rivoluzione e io voglio creare le basi per questa rivoluzione nel mio orto ed è da qua che nasce “un passo indietro”.
Un passo indietro alla ricerca si di vecchie varietà ma anche di quel qualcos’altro che faccia partire questa rivoluzione, cerco di spiegarmi meglio andando sul concreto sul pratico, il mio orto o meglio i miei differenti tipi di orti si trovano a 780 metri sul livello del mare sull’appennino tosco emiliano quindi con caratteristiche molto particolari a rigor di cronaca devo segnalare che le colture su quella fascia d’altitudine non sono abitualmente molte e che una parte di esse stentano ad arrivare a maturazione (il punto è proprio questo pochi tipi di verdura e forse non appropriati per questa fascia climatica), per chi conosce la geografia cosa poco nota agli studenti moderni, l’Italia è piena di zone, aree con differenti caratteristiche che vanno dalla piovosità alla temperatura, ma anche a venti più o meno forti, sole più o meno forte, estati più o meno lunghe, escursioni termiche diverse, tutte queste caratteristiche creano un territorio molto vario che non può uniformare solo alcune varietà che soddisfino tutte le zone.
Io abitualmente alcuni semi li auto produco per il resto compero al consorzio agrario oppure da Ingegnoli che ha dei validi prodotti, ma tutto questo ha cominciato ad andarmi stretto, in quanto io non uso nessuna verdura ibrida (F1 per intenderci) questo mi penalizza molto, ad esempio nel caso dei pomodori sul catalogo Ingegnoli per fare un esempio concreto 19 sono ibridi e solo 17 sono non ibridi (ne esistono anche due BIO ma della stessa varietà già presente nelle 17), sono tutte varietà interessanti per la coltivazione al sud oppure nella pianura padana dove le estati sono lunghe e calde, ma dove si trova il mio orto le condizioni sono di estati più brevi e meno calde e questo porta a una scarsa produzione di pomodori, a questo punto qualcuno potrebbe obiettare dicendo che quel posto non è votato a tale produzione e perciò mi devo rassegnare ad avere scarsa produzione e di mediocre qualità, ma io non ci sto, ed è qua che scatta la mia rivoluzione, voglio anch’io una produzione interessante di pomodori, all’aperto e senza l’uso di serre.
Un passo indietro serve a cercare pomodori (ma anche altre verdure) con le caratteristiche richieste di estati brevi, meno calde che al sud o in pianura padana e con un’escursione termica maggiore e con caratteristiche organolettiche di tutto rispetto, da qua è partita la ricerca sui vari cataloghi che riesco a trovare sul web, nel caso dei pomodori mi sono rivolto a una ditta canadese con 380 varietà a listino (scriverò un post in merito) dove ho trovato delle varietà con le caratteristiche richieste. Tutto questo serve per uscire dall’omologazione, non per ricercare la globalizzazione, per cercare una propria identità d’orto una propria via, una propria strada, un proprio progetto fuori da tutte le logiche, per spezzare le catene che ci tengono legate a progetti standard.
Dopo il passo indietro sicuramente potremo parlare di due passi avanti con l’auto produzione dei semi, ma a questo punto avremo varietà adatte al nostro micro clima che si adattano perfettamente al nostro orto, con le caratteristiche che cercavamo sia a livello di coltivazione che organolettiche (avremo le nostre verdure ideali) e non ci servirà altro che conservarne la specie con l’auto produzione delle nostre sementi, a questo punto avremo fatto una rivoluzione che porta il nome di indipendenza e solo a questo punto potremo parlare se vogliamo di auto sufficienza solo dopo aver selezionato tutte le nostre verdure e chiuso il cerchio riuscendo a produrre i nostri semi, a questo punto siamo pronti a lanciare il dado nuovamente come nel gioco dell’oca.

7 commenti:

Unknown ha detto...

Ogni tanto un po' di disintossicazione da internet fa bene.

Coltivare l'orto è un bell'hobby, che dà soddisfazioni e che mantiene un minimo rapporto con la natura, cosa che l'uomo medio di oggi non è più in grado di fare, tanto che i bambini non conoscono più gli animali, se non per alcune immagini sui libri di apprendimento, di solito in disegni e fumetti.

ecodellaterra.blogspot.com

TroppoBarba ha detto...

Compri i semi via internet da una ditta candese. Se non si chiama globalizzazione questa, allora cosa e`? Senza polemiche ovvio.

TreScogli ha detto...

Ciao,
ho aggiunto il link al tuo sito sul mio blog
Se puoi contattami via mail

Roberto/TreScogli

http://www.trescogli.net

mauri ha detto...

@ eco della terra - Ciao, concordo con te, ricordo che alcuni anni fa ero in vacanza sulle valli valdostane e ho visto uu bambino che gridava rivolto a una persona che passava con un cane "Signore mi vi fa vedere la capra", questo è l'emblema simbolo di dove siamo arrivati, passi che il bambino veniva da Milano, ma questo la dice lunga.
@ troppobarba - Senza polemiche, ovvio, ma per me la globalizzazione è: il Mcschifezza che compri a Milano, Roma, Parigi, Madrid, Mosca, Bogota, ecc., ecc., un solo sapore, un solo panino, sempre uguale, questa è globalizzazione.
Il decespugliatore, la maglietta e tutte le altre cose prodotte in Cina e vendute qua io la chiamo: invasione, che non ha nulla a che fare se non da lontano con la globalizzazione, se la Svizzera decide di occupare Bergamo questa è invasione.
Il pomodoro pachino prodotto nella sua zona d'origine io lo chiamo presidio, ovvero zona di resistenza a tutte le invasioni.
Quello che faccio io comprare i semi in Canada è "un passo indietro per farne due in avanti" ovvero indipendenza, scegliere varietà adatte per essere indipendente dal mercato,ovvero:
indipendenza = rivoluzione
non è cosa mia ma copiata da Gandi.
@ zippolo - Ciao, magari ci si sente.

Maurizio Spagna ha detto...

ANNUVOLAMENTI
…l’amore?
L’amore è vita e la vita è fragile come una nuvola.
Finiamo sempre per aprire gli occhi al cielo
per aspettare la nostra nuvola…


Colpi percettivi e vivi
Infantili
Per l’accesso
Alla porta del cielo
E al sesso dei sensi-
Interrogazioni
Perchè
Io amo e amerò
Al di sopra di ogni condizione-
Fra questi annuvolamenti
Il colore dell’ignoto sonno
Noi creature
Che amiamo trasparire
Sullo schermo dell’assoluto-
Colpi del vento aperto
E infantili
Turbamenti del volto
Le nubi inventano memoria
Di folla
E virgole di sogni-
Io amo e amerò
Al di sopra di ogni condizione
Con addensamenti
Dove tutto si perde
Nella stessa immagine
Nella stessa voce
Nello stesso orgasmo sconfinato-



Da “Il cuore degli Angeli”
di Maurizio Spagna
www.ilrotoversi.com
info@ilrotoversi.com
L’ideatore
paroliere, scrittore e poeta al leggìo-

Harlock ha detto...

...buona rivoluzione ;-)

da quando l'orto lo faccio all'uliveto non sono ancora riuscito ha capire quali ortaggi sono veramente adatti a quel clima: terreno drenante molto fertile in primavera e molto siccitoso in estate, (secca tutto, anche l'erba).
Praticamente i pomodori li mangio solo di giugno!

mauri ha detto...

@ - Harlock, che dire ho preparato un post sui pomodori, non so se possa aiutare a mangiarli anche a luglio, agosto e settembre, l'unica via è la sperimentazione.